linguaggio dei segni 5 curiosita che forse non conoscevi

Linguaggio dei Segni: 5 curiosità che forse non conoscevi

La principale differenza tra il Linguaggio dei Segni e tutte le altre lingue è il canale di trasmissione.
Si definisce infatti come “lingua non verbale”, in quanto chi la utilizza comunica attraverso un sistema codificato di gestualità: non si usano soltanto le mani, ma anche movimenti del corpo e persino espressioni del volto che, insieme, formano una vera e propria forma di comunicazione che permette di parlare senza l’utilizzo della voce. È infatti scorretto pensare che si tratti di un linguaggio mimico, poiché possiede una sua grammatica e un suo alfabeto.

Sappiamo che viene usato soprattutto dalle persone sorde, ma non solo: in molti casi la Lingua dei Segni può diventare estremamente utile per chiunque abbia disturbi del linguaggio, come tutte quelle patologie che sono caratterizzate dall’impossibilità di verbalizzare o vocalizzare.

Nonostante sia oggi molto diffuso e conosciuto, ci sono ancora delle curiosità sul Linguaggio dei Segni che forse però non tutti sanno: scopriamole insieme.
 

Come è nato il Linguaggio dei Segni?


La volontà di sviluppare una comunicazione visivo-gestuale è sempre esistita, sin dall’antichità, e si è manifestata in qualsiasi epoca storica e parte del mondo: si pensa infatti che le primissime forme di linguaggio non verbale risalgano addirittura ai tempi di Platone e Aristotele.
Le prime testimonianze vere e proprie di una lingua dei segni codificata risalgono al 1700, quando l’abate francese Charles Michele de l’Epée fondò in Francia il primo Istituto per sordi, in cui studiarono molti educatori. In Italia questo metodo prese piede nella prima metà dell’800, per poi venire tuttavia quasi bandito e utilizzato solamente in contesti familiari e privati: si temeva infatti che il linguaggio dei segni avrebbe potuto sostituire quello verbale.

Bisognerà infatti aspettare gli anni ’60 per avere la prima vera pubblicazione in merito - “Sign Language Structure: An Outline of the Visual Communication System of the American Deaf” di William C. Stokoe – e addirittura il 1998 perché il Parlamento europeo si esprimesse a favore di un riconoscimento delle lingue dei segni.
 

La Lingua dei Segni è universale?

 

La Lingua dei Segni funziona esattamente come una qualsiasi lingua parlata: ha una grammatica, una sintassi, dei vincoli, delle regole.
Pur non essendo basata precisamente sulla lingua madre del paese di origine, ogni Linguaggio dei Segni è diverso dall’altro poiché, come avviene per lo sviluppo del linguaggio parlato, ogni comunità crea ed evolve la propria lingua in base alla propria cultura.

Ethnologue, il database internazionale delle lingue, conta infatti ben 121 diverse lingue dei segni in tutto il mondo. Molte di queste non dispongono di una documentazione vera e propria, non hanno codificato delle regole grammaticali scritte o un dizionario, ma si qualificano ugualmente come linguaggi dei segni ufficiali e riconosciuti. In Italia, ad esempio, viene utilizzata la Lingua dei Segni Italiana, spesso abbreviata con l’acronimo LIS.
 

Cosa sono i cheremi?

 

Tutte le lingue parlate sono suddivisibili in segmenti di suono, i cosiddetti fonemi, le unità minime che compongono ogni parola che pronunciamo.
Il corrispettivo della Lingua dei Segni sono i cheremi, ovvero i parametri che compongono ciascun segno.

I cheremi si possono suddividere in:

-configurazione: la forma assunta dalla mano quando si esegue il segno;

-luogo: la posizione fisica dove viene articolato il segno;

-posizione delle mani: la combinazione dell’orientamento delle mani e del palmo rispetto al corpo del segnante;

-movimento: il movimento della mano durante l’articolazione del segno.

Studi più recenti hanno aggiunto un ulteriore cherema a quelli convenzionalmente accettati, ovvero le componenti non manuali, ovvero tutto ciò che viene trasmesso attraverso l’espressione facciale, della bocca, degli occhi, la direzione dello sguardo e così via.
 

Quanti tipi di Linguaggio dei Segni esistono?

 

Abbiamo visto che ogni cultura possiede un diverso linguaggio dei segni: è tuttavia possibile che in determinate circostanze alla lingua dei segni ufficiale si possa accostare uno o più sistemi segnici diversi.

Basti pensare all’Italia, per esempio: gesticolare è estremamente comune e radicato nella nostra cultura, al punto che ci è possibile esprimere svariati concetti semplicemente muovendo le mani in un determinato modo. Un altro esempio comune è l’alfabeto manuale, in cui ad ogni lettera viene fatta corrispondere una determinata articolazione delle mani. Questi sistemi, nati come supporto al linguaggio parlato, non sono però da ritenersi delle vere e proprie lingue dei segni: si tratta infatti di sistemi mimici.

I sistemi mimici si differenziano dal linguaggio dei segni in quanto non sono nati in modo spontaneo e indipendente come le altre lingue storico-naturali, bensì come un supporto ad un altro idioma, in questo caso quello parlato.
 

Perché studiare la Lingua dei Segni?


Come emerso, la Lingua dei Segni è in tutto e per tutto una lingua, ed è pertanto possibile studiarla e diventare interpreti esperti.

Gli sbocchi lavorativi sono molteplici, poiché la conoscenza del Linguaggio dei Segni è di grande aiuto e talvolta addirittura necessaria in tutti quei contesti nei quali sono presenti persone sorde o con patologie che impediscono la vocalizzazione.
I contesti possono essere numerosi e variegati: dalle trasmissioni TV, ai convegni, ai seminari, alle Università e ai servizi pubblici come scuole e aziende ospedaliere.

L’interprete della Lingua dei Segni Italiana (LIS) sarà accreditato dall’ENS, l’Ente Nazionale Sordi, che si occupa di diffondere la conoscenza di questa lingua tramite corsi professionalizzanti suddivisi su diversi livelli di competenza, sempre nell’ottica di rendere la comunicazione sempre più universale e facilmente accessibile a tutti.

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